l'ho letto anch'io... in effetti, se è vero, qui non conta se sia anziano o meno; conta il fatto che si tratta di omicidio volontario, preterintenzionale.
Comunque, anche se numerosi testimoni hanno confermato la dinamica, più che dar retta al sensazionalismo della stampa, aspettiamo i rilievi della polizia.
ecco l'articolo:
MILANO - Era orgoglioso dei suoi tatuaggi. Ma impazziva per la figlia di 3 anni e mezzo. La piccola viveva con il papà e con i nonni. A volte nel bilocale di ringhiera, recentemente ristrutturato, al primo piano di via Comelico. E spesso con i genitori di lui, in un palazzo signorile di via Morosini, a un tiro di schioppo. Alessandro Mosele, 35 anni, con un passato da assicuratore e autista, gli piaceva andare in scooter. «Faccio prima», diceva. E con il suo Kymco, a volte arrivava anche al bar d'angolo, in via Bergamo, dove era conosciuto da tutti e aveva un sacco di amici. Dove gli piaceva farsi l'aperitivo in compagnia.
Anche lunedì pomeriggio Alessandro era in sella al suo scooter. Senza neppure immaginare che il destino gli sarebbe stato nemico. Che, per un banale alterco con un automobilista, sarebbe stato ucciso. Speronato e arrotato come uno straccio, proprio da quell'anziano alla guida dell'Audi, con il quale aveva avuto da dire ed erano volate parole grosse e sputi. Alessandro, lunedì pomeriggio, poco prima delle 4, è in via Andrea Doria, non lontano da piazzale Loreto. Viene centrato in pieno da dietro da quel pensionato che ha perso letteralmente la testa. «Il giovane è volato in aria e finito sotto le ruote dell'auto», ricorda chi ha visto. Il casco, non integrale, lo protegge in parte. Alessandro è forte.
«Lo abbiamo visto aggrapparsi alla targa anteriore della macchina, nel disperato tentativo di tirarsi su». Sono attimi di angoscia, di terrore. Nei quali si pensa che certe cose non possano accadere. Che sono scene da film. E ti auguri che non sia vero. Mentre continui a credere che quell'uomo che neppure conosci si fermi. Invece non è così. La ricostruzione della polizia locale è per certi versi agghiacciante. L'Audi, guidata da Vittorio Petronella, 71 anni, «fa una sorta di testacoda e gli ripassa sopra». Poi continua la sua corsa come una scheggia impazzita e investe una ragazza romena ferma sullo spartitraffico. «Lo spavento per quegli attimi drammatici - dirà un'altra testimone - mi ha fatto perdere l'equilibrio e sono caduta dalla bici».
Petronella continua a guidare. Mentre sul posto stanno già arrivando i vigili e il loro comandante, Tullio Mastrangelo. Arriva anche il sostituto procuratore, Antonio Sangermano: ha intuito la gravità dell'evento. Dubbi che vengono dissolti da quattro testimoni oculari che hanno versioni identiche e dallo stesso Petronella che, dopo una ventina di minuti, torna sui suoi passi a recuperare la targa della macchina, lasciata sull'asfalto, la firma dell'omicida. Alessandro Mosele muore un'ora più tardi alla clinica Città Studi.
Mentre Vittorio Petronella viene interrogato al comando della polizia locale di via Pietro Custodi. E poi arrestato per omicidio volontario, con l'aggravante dei futili motivi. «Sono dispiaciuto, è stato un incidente». E non aggiunge altro. I familiari della vittima, invece, si chiudono nel silenzio e nel dolore. Solo il fratello, Massimo, si lascia scappare: «Non si può morire così. Aveva una bimba di 3 anni».